Il Sindaco del Rione Sanità, da Eduardo a Mario Martone. In scena al Teatro Bellini

 

Antonio Barracano è tornato. Più giovane. Più determinato, forse, considerata l’età, ma sicuramente, con lo stesso identico profilo. L’uomo vissuto, che ha un progetto, che possiede del contesto sociale, una morale, che sfiora la più alta visione filosofica che la strada abbia da offrire. L’idea di un uomo, di farsi distributore di giustizia sociale, tra impicci, scontri, armi sventolate e parole gridate. “Il Sindaco del Rione Sanità”, dell’opera teatrale di Eduardo De Filippo, ritorna, nella disarmante, quanto realistica concezione di Mario Martone, in scena, in questi giorni, al Teatro Bellini di Napoli. Disarmante, è la spietata collocazione del protagonista, in una realtà più dinamica, tecnologica, consapevole, ma allo stesso momento carica di retorica, sull’uomo, sulla propria condizione, su ciò che immagina, possa esserela propria vita. Il sindaco “pop” di Martone, ha l’anima di Eduardo, ma il corpo di un apparente capo, giusto e spietato, ma in fin dei conti solo e violentato da se stesso. Protagonista in scena, la compagnia “Elledieffe”, guidata dalla “grinta artistica” di Massimiliano Gallo, Giovanni Ludeno e Francesco di Leva, in un viaggio, più che mai opportuno in quei luoghi che hanno segnato il teatro italiano, e che oggi più che mai, meritano di essere percorsi ancora una volta, perchè no si perda la memoria di ciò che prima di noi, è stato scritto, su di noi. Martone inasprisce i toni, aumenta i battitti cardiaci, colora ritagli di passato per riproporli in chiave assolutamente contemporane. Il risultato è una miscela artisticamente perfetta. Rivisitazione importante e matura, attori dall’altissimo profilo umano e professionale, un’atmosfera, da tempi che furono, giorni in cui l’attesa per un’imperdibile proposta teatrale, potevi toccarla. Donne ed uomini in fila, pronti a prender posto, nell’attesa che il “miracolo” avvenga. Li, su quelle tavole, tra quelle parole, in mezzo a quelle donne, a quegli uomini, che raccontano e provano ad essere, e forse ci insegnano, quello che ancora chiediamo di imparare.