Scene di vita quotidiana, sconosciute e complesse: “Il Colloquio” interroga

Tre donne, tre vite, esperienze, tragedia ed un misto di miseria e rassegnazione che poco hanno a che fare con la vita sognata.

L’immagine è semplice, quasi spontanea, per niente forzata. Tre donne in attesa, stravaganti, eccentriche, autentiche, nel bene e nel male. Tre storie che si rincorrono all’esterno di un carcere, l’attesa farà in modo che tutto sia vero, autentico, violentemente naturale. La fila per rivedere i propri cari, mariti, figli, fratelli, padri. L’attesa è il tempo che non passa, eterna, forzata, costrizione senza freni e senza fine.

Il colloquio

Il Collettivo Lunazione mette in scena uno scampolo di vita, sconosciuto ai più, colorito, complesso e per niente docile. Premio Scenario Periferie 2019, “Il Colloquio”, ideato e diretto da Eduardo Di Pietro, sapientemente interpretato da Renato Bisogni, Alessandro Errico e Marco Montecatino mette in scena al Teatro Piccolo Bellini di Napoli l’attesa prima dell’ingresso al carcere di Poggioreale. La città, le sue ferite, le sue paure, e quella inconsistente voglia di fuggire via da tutto e tutti, remota, irrealizzabile possibilità per chi sa che non ha altro destino.

Gli attori in scena, ispirati nell’interpretazione di quelle che in un certo senso possono apparire come tre diverse formule di quel teorema che non ha altra risposta se non nell’ovvio e triste desino che accomuna una fetta più che consistente di popolo. Il Collettivo Lunazione all’ennesima prova di maturità con un testo che rappresenta un vero e proprio progetto non solo teatrale. La conoscenza, la scoperta di un mondo assolutamente ignorato dai più. La reazione del pubblico, di fronte ad un testo vivo, mai banale e per niente, cosi come anticipato, forzato, è quella di chi vuol sapere, è quella di chi confonde forse a tratti l’esasperazione di un tratto di quel determinato personaggio con la mancanza di contenuti in merito alla questione affrontata.

Brillante è la messa in scena, semplice, quasi assente ma ricostruita dalla costruzione scenica, tra suoni e luci che rendono il tutto assolutamente vero. L’animo umano analizzato da un punto di vista in solito, spesso messo da parte. L’altra parte di quelle mura, vissuta, rappresentata da migliaia di anime che periodicamente varcano quel cancello per fingere ciò che per gli altri è messaggio di speranza. La realtà, quella vera, quella che si fonda con il destino dei protagonisti, tutti, è invece immobile, immutabile. Un vortice, una tagliola feroce che strappa lembi di carne e vita. Che fonde giorni ed illusioni, che ferma il tempo e lo fissa in un insensato vuoto che sembra risucchiare ogni cosa.