“Candide” di Mark Ravenhill, in scena al “Teatro Mercadante” di Napoli

 

Dopo il successo debutto romano lo scorso 27 febbraio al “Teatro Argentina”, in scena a Napoli, dal 15 al 20 marzo, al “Teatro Mercadante” , l“Candide” di Mark Ravenhill, ispirato all’opera di Voltaire, nella traduzione di Pieraldo Girotto, con la regia di Fabrizio Arcuri.

In scena Filippo Nigro, Lucia Mascino, Francesca Mazza, Francesco Villano, e Matteo Angius, Federica Zacchia, Francesca Zerilli, Domenico Florio, Lorenzo Frediani, Giuseppe Scoditti, con la partecipazione straordinaria di Luciano Virgilio.

Musiche composte, arrangiate e eseguite dal vivo dalla cantante e violinista H.e.r.; le scene sono di Andrea Simonetti; i costumi di Fabrizio Arcuri; video di Luca Brinchi e Daniele Spanò; live visual di Lorenzo Letizia. Una produzione Teatro di Roma in collaborazione con Centro Teatrale Santacristina.

Candide è un ottimista, un sognatore convinto che tutto andrà per il meglio, poi, all’improvviso, il mondo, che ha creduto il migliore possibile, comincia a crollargli intorno. Due secoli dopo, Ravenhill compone una cover dell’originale classico e ne fa uno strumento di indagine del presente. Un canovaccio linguistico e narrativo con cui interrogare l’idea di Occidente, mettendone in ridicolo il pensiero e aggredendone le certezze con tragica ironia, così come Voltaire demoliva quella che considerava l’idiozia ideologica su cui si fondavano i poteri di Chiesa e Stato.

Candide di Mark Ravenhill – commenta il regista Fabrizio Arcuri – non è esattamente una riscrittura dell’omonimo testo di Voltaire, ma una vera e propria trasposizione teatrale con variazioni. Una stanza degli specchi è questo Candide di Ravenhill – continua – specchi che riproducono perfettamente o che deformano, e che nella loro fedeltà tradiscono l’immagine originale, ma anche nella loro distanza rivelano verità profonde e censurate. Candide – sottolinea ancora il regista – diventa così l’incorporamento di un pensiero che prova nevroticamente a sfuggire all’ideologia dominante rappresentata da un Pangloss che sopravvive ai mutamenti storici. E Cunegonde – spiega Arcuri – a rappresentare l’oggetto del desiderio, il simulacro di una condizione umana migliore, e che con i suoi 400 anni di Storia ci racconta di un’Europa vecchia e confusa in cerca di un ultimo bacio. Non bisogna compiere – incalza – l’errore di pensare che questa sia solo un’altra versione del Candide. Qui è di Candide di Voltaire che si parla e di qualcosa molto vicino a noi: il pensiero occidentale moderno su cui si sono costruiti i valori attuali, le immagini attuali del nostro rappresentarci, che difendiamo o con cui entriamo quotidianamente in conflitto. In fondo tutto si consuma sempre in quello spazio che si crea tra ciò che siamo e quello che vorremmo essere e quindi come ci rappresentiamo. È la regola del teatro moderno – conclude – e tra i primi a incorporarla nei suoi testi c’è Shakespeare, e Ravenhill gioca con Shakespeare, con Candide e con noi, perché sa bene che le regole il teatro le ha mutuate dalla vita”.