Sergio Rubini e Luigi Lo Cascio e le oscure trame dell’animo umano, da Dostoevsky, al Teatro Bellini di Napoli

 

Due uomini, una scena vuota, e tante pagine piene, di un capolavoro da interpretare, da offrire a quanti, dentro di se, desiderano ascoltare. Un palco, carico di memoria, di ombre e pezzi di uomini e donne, figure, mobili e dinamche, di un racconto che incontra, presenta ed indaga, le strade contorte dell’animo umano. Indaga e fa suo il percorso, Sergio Rubini, nel dirigere ed intepretare, affiancato da Luigi Lo Cascio, il capolavoro di Fedor Dostoevsky. In scena, in questi giorni al Teatro Bellini di Napoli, “Delitto e Catigo”, è ripercorre le vicende di Rodion Romanovič Raskol’nikov, un giovane poverissimo e strozzato dai debiti, che uccide una vecchia e meschina usuraia. Il tormento, misto a dolore per ciò soffoca ormai la propria esistenza, è qualcosa di vivo e per questo presente in scena. Rubini e Lo Cascio, vesteno e svestono i panni dei protagonisti, alternandosi al racconto, alla trama, all’esperienza diretta della vicenda. L’angoscia del protagonista, nel voler rendere credibile la propria convinzione di aver ucciso per dare alla propria vita la giusta direzione. Scontrarsi con se stesso, con il ruolo dei propri cari, attraverso figure assolutamente determinanti ai fini del racconto. Le tecniche, scenografiche, miste al buio, incessante, fastidioso, portatore di efficace realismo narrativo, contribuiscono a costruire le atmosfera di scampoli di vita, violentate dalla foga di un atroce delitto, concepito nell’insana convinzione di redimersi in qualche modo, dagli errori passati. Redimersi da un’esistenza apparentemente poco significativa. Redimersi, per moi miseramente morire, lentamente, senza rendersene del tutto conto. Senza forti sconvolgimenti. Lentamente, soffocando, nello strazio di una vita strappata ai propri giorni.